Riaprire, risentire, riamare. Verbi di innovazione, di libertà di scelta.
Innovazione e scelta, le parole che mi risuonavano dentro, man mano che il 24 aprile pomeriggio salivo i gradini di quel borgo che stava per rivivere storie dimenticate.
Riaprire i forni antichi delle case, riaccenderli della poesia che solo il pane può evocare, riempire i vicoli di profumo e di festa: è la scelta che si può fare, perché si ha la certezza che “la terra mi tiene”.

Puoi ritornare senza il timore di aver fallito, sapendo invece di essere qui e ora a “sentire” di nuovo, anzi, sai di essere già nel futuro, nella versione migliore di te stesso.
Puoi amare i profumi di pane e fiori, quelli dei petali nelle fioriere lungo i portali di pietra, puoi ascoltare le rondini e sentire il vento. Puoi, perché scegli leggero, senza paura di andare indietro. Scegli e sei libero, perché, in verità, sei avanti.
“La terra mi tiene” è la festa del ritorno alle storie che sembravano dimenticate, ai sorrisi di chi ti accoglie nei forni con il bicchiere di vino, alla fetta di pane caldo intrisa di olio di quella terra; è la festa del ritorno consapevole, privo dell’amaro della nostalgia.
Anche la gara è una festa. Chi ha vinto? Il forno numero uno, quello con Senem, Oreste e Jah Paz. E al secondo posto? Il forno due? Quello delle bellissime signore simpatiche? Ah, al terzo posto il forno di Vincenzo, Angelo e Michele? E quale farina hanno usato, fatta con quale grano, macinata come? Tu Vieni dal Salento? E voi, dalla costiera amalfitana? Davvero?
Tutto in un gioco magico, anche il miscuglio dei “crisciti” per l’impasto collettivo, perché l’unione fa la forza e anche la ricchezza: i nuovi fermenti generano nuova vita.

Grazie. Da oggi so che “la terra mi tiene”, questa solidità mi rende ancora più coraggiosa.
Testo e foto interne di Loredana Parisi
Foto di copertina di Francesca Bardascino