È quanto fanno gli Alchimisti: dimostrano che, ogniqualvolta cerchiamo di essere migliori di quello che siamo, anche tutto quanto ci circonda diventa migliore.
Paulo Coelho, L’alchimista, 1988
Mario Mazzitelli è un artista, lo capisci da lontano. Poi conosci sua moglie, Francesca, e comprendi ancora più nel profondo cosa anima le persone che hanno dentro la fantasia, e come fanno a darle le belle e giuste forme.
Applicare l’arte a ciò che si fa nel quotidiano, significa utilizzare la propria creatività per rendere migliore il mondo, partendo dalla propria stessa famiglia. Lei racconta come se fosse lui, come se fossero una sola anima.
Francesca è l’architetto che interpreta e ridisegna le geometrie di un viaggio attraverso la nascita di un prodotto di eccellenza, che in natura non esisterebbe se non fosse per la tenacia e la fantasia di chi da un frutto vuole spremere il liquido magico. Il vino: sempre diverso, capace di far sognare, di connettere e accendere convivi, di diventare argomento di conversazione, di suggellare momenti importanti della vita. Vino.
Mario oltre ai vari progetti di vini sempre più apprezzati, sperimenta da anni la vinificazione nelle anfore, da “giovane con il cuore antico” come si autodefinisce. La sua ultima sperimentazione è la vinificazione in anfora di pietra lavica: produce così un vino forte e aspro, pieno e misterioso, come la vita.
Francesca scrive come se fosse lui, come se fossero un’anima sola.
di Loredana Parisi
Il seme, l’origine della storia
Il mondo del vino mi ha sempre molto affascinato, ero solo un ragazzo quando ho cominciato ad appassionarmi e così, dopo la laurea in Scienze delle Tecnologie Alimentari a Portici, ho deciso di specializzarmi seguendo un master in viticoltura ed enologia a Milano; dopodiché, spinto dal desiderio di sapere, di scoprire sempre cose nuove e di carpire i segreti di questo splendido ma difficile mondo, ho cercato di maturare quante più esperienze possibili. Ho cominciato a viaggiare molto e fino al 2005 ho lavorato come consulente enologo in Friuli, Puglia, Toscana, Abruzzo e anche per qualche tempo in Argentina.
Proprio nel 2005 ho sentito più che mai il richiamo alla mia terra di origine e così ho deciso di ritornare in Campania; in realtà non c’è stato un momento preciso in cui ho pensato alla creazione dell’azienda, ma una graduale riflessione professionale e perché no anche umana; la scintilla vera e propria, infatti, nasce dall’incontro con una persona, l’enologo Fortunato Sebastiano, ancora oggi amico e consulente della mia azienda.
E così nel 2006, dopo aver deciso di fare quel passo in più che mi ha traghettato verso il mio nuovo stato di vignaiolo, nasce Lunarossa Vini, che più che una cantina si è subito connaturata come una sorta di laboratorio, luogo di sperimentazione e innovazione, con l’idea di aprirsi a nuovi orizzonti di vinificazione. Il fine è quello di sorprendere, rischiare e mai produrre un vino scontato, sono convinto che siano le piccole diversità a fare la differenza!
L’ispirazione e la passione per questo lavoro proviene anche e soprattutto dal territorio. In realtà è solo da pochi anni che in questo areale si è riscoperta una spiccata vocazione vitivinicola, da molto tempo schiacciata dai territori limitrofi dell’Irpinia, del Cilento e della Costiera Amalfitana. Questo è stato lo stimolo per rafforzare ancora di più il legame con questa terra ancora poco conosciuta, tanto che, in collaborazione con l’università di Portici, abbiamo avviato un progetto per la riscoperta, la sperimentazione e la microvinificazione di varietà prettamente locali ormai abbandonate, come la famosa uva Sanginella di Giovi.
Le intemperie, le prove.
Sicuramente la prova più difficile è stata quella di aver iniziato da zero in un territorio atipico come i Colli di Salerno. Non avevo vigneti di proprietà e nessuna strada spianata, ho affrontato molte difficoltà per dar vita a questa azienda che ora è una piccola realtà sul territorio salernitano.
Ho scelto di investire e credere in questa terra e così tutte le pratiche agricole e le lavorazioni dei vini sono affrontate in modo da ridurre al minimo l’impatto ambientale; si parte dal vigneto dove vengono utilizzati solo prodotti naturali e le lavorazioni del terreno sono minimizzate per arrivare alle disciplinate lavorazioni in cantina nel rispetto della natura circostante; cerchiamo di tutelare e valorizzare tutto l’habitat.
La volontà di creare interazione con il territorio si esplicita nel Progetto UVA (Unione Vignaioli Associati). Lunarossa è in contatto sul territorio con i piccoli vignaioli per promuovere il recupero di vecchi vigneti abbandonati in modo da valorizzare le produzioni autoctone mantenendo viva la tradizione vitivinicola dei Monti Picentini. Con questo progetto si affronta anche il concetto di “cantina condivisa” offrendo la possibilità agli eno-appassionati di adottare un filare e renderli partecipi a tutte le fasi della produzione, dalla vigna fino alla bottiglia. Quest’attività ci permette di effettuare un’azione educativa verso il consumatore e far conoscere l’impegno, il lavoro e la cura che c’è dietro la produzione di una bottiglia di vino.
Mi ritengo una persona piuttosto irrequieta e grazie al mio bagaglio tecnico-scientifico mi piace sperimentare ed aprirmi a nuovi orizzonti di vinificazione, più di ogni altra cosa mi piace attingere dalla nostra storia per mettere in sinergia il tradizionale con il moderno; questo mi ha portato ad utilizzare contenitori alternativi che potremmo definire “vivi” come la terracotta. L’argilla, presente nei terreni ubicati nei dintorni di Giffoni Valle Piana, e la pietra vulcanica del Vesuvio sono stati fonte di ispirazione per avviare un singolare processo di fermentazione e macerazione che avviene all’interno di anfore di terracotta (chiamate appunto quartare), prima di maturare nel legno.
Il Fiano Quartara, espressione di questo tipo di vinificazione, è sicuramente il più intrigante e ricercato tra i nostri vini.

Il raccolto, i risultati
A poco a poco ci stiamo facendo conoscere all’estero grazie al lavoro di collaboratori o importatori dinamici che hanno preso a cuore i nostri vini, ma soprattutto la nostra filosofia. I vini di Lunarossa cominciano ad avere estimatori in Australia, Spagna, Germania, Stati Uniti, Canada, Cina, Belgio, Francia mercati notoriamente competitivi ma in cui è cresciuta negli ultimi anni sempre di più l’attenzione per vini ricercati ed identificativi di aree meno note.
Una delle ultime soddisfazioni è stata la premiazione per tre anni di seguito del nostro aglianico di punta Borgomastro, a Radici del Sud, concorso enologico dedicato ai vini autoctoni del Sud Italia.
Più di ogni altra cosa è stata proprio l’anfora a segnare svolte importanti per Lunarossa. Ormai fare vino in anfora non è più una novità seppur in provincia di Salerno siamo stati i primi, per cui nel 2016 abbiamo realizzato delle nuove anfore con un impasto particolare, una miscela di argilla dell’Impruneta e pietra lavica del Vesuvio, anfore di colore nero nelle quali andremo a fermentare le nostre uve.
A questo punto la sfida sarà sperimentare questo innovativo impasto per valutare come la pietra lavica, materiale antico come l’argilla, possa interagire con la matrice uva-vino durante la fermentazione.
Essendo un’azienda medio-piccola la particolarità della nostra produzione è molto legata alla variabilità dell’andamento climatico cosa che rende i nostri vini unici ad ogni vendemmia. La variabilità di un vino può essere considerata un rischio a livello commerciale soprattutto all’estero dove grandi nomi del settore offrono prodotti di alta qualità ma con caratteristiche standard che non cambiano di anno in anno.
Credo nella nostra cura meticolosa della coltivazione della vite, nelle scrupolose lavorazioni in cantina e grazie alla nostra passione e ad un pizzico di fortuna, si procederà sulla buona strada.
Testo di Francesca Salvatore e Mario Mazzitelli
foto di Lunarossa e Loredana Parisi