L’aia e il tempo dell’attesa.

Il grano è stato mietuto secondo la tecnica tradizionale, e dopo averne fatto ricchi fasci bronzati, cosa accade? Si raccoglie nella nostra “aia moderna”, all’ombra di querce che la sanno più lunga di noi.

I nostri nonni chiamavano “Casazzo” la “montagna” di grano sistemata in modo tale da  riuscire a far maturare il grano, proteggendolo al meglio dagli uccelli e dalle intemperie, attendendo il turno per trebbiare, visto che l’unica macchina serviva tutta la valle.

La cosa che più fa riflettere, coinvolgendo gli anziani in questo percorso di lavorazione dei grani è ascoltare i racconti dove emerge la capacità di una grande pazienza;  la competenza di quella famosa “resilienza” tanto necessaria e si evince l’abilità del saper attendere che tutto “maturi”, che ogni cosa arrivi al suo giusto tempo.

L’attesa. E la festa dell’attesa. I tempi attuali hanno attivato energie e obiettivi specifici e di certo non è possibile e nemmeno auspicabile (almeno non per tutti) tornare nostalgicamente nella pratica quotidiana alle antiche tecniche agricole e ai riti ad esse correlati; l’attesa e la festa hanno però un valore e un senso così alto e profondo e vantaggioso per l'”essere umani”, da rendere utile il recuperarne l’essenza per applicarla al nostro stile di vita. Queste ricerche di senso sono importanti in un momento come questo dove la “connessione” non è di certo il guardarsi negli occhi per ascoltarsi, e fare festa significa spesso irrigidirsi in schemi predefiniti: capita che la festa si viva svuotata di senso ed emozioni vere. 

Noi PiantaGrani continuiamo la nostra attesa di recupero di senso e la nostra festa vera. Un grande esercizio per la mente e le emozioni, un grande esercizio per il nostro grano che produrrà una farina indimenticabile: il frutto dell’attesa e della festa.

Così racconta Simone Valitutto, il 22 luglio durante la giornataper la composizione del “casazzo, il covone di grano con i grani tradizionali dei PiantaGrani:

“Conosco la storia di questo grano ancor prima che fosse seminato, da quando era solamente un’idea, un progetto, una visione di Loredana.
Dopo la ricerca scientifica dei semi, la Saragolla, la Risciola, il Senatore Cappelli sono ritornati nella terra di Sperlonga di Palomonte e hanno iniziato a germogliare, hanno ricevuto acqua (per la verità poca), sono stato coperti dalla neve, mossi dal vento, maturati dal sole, raccontati su http://www.storiedipiantagrani.blog.
Non ne ho visto la mietitura, il momento rituale della sconfitta della fame che è ritornato ad essere opera di mani di uomini e donne, ma ritroverò i frutti che ritorneranno ad essere semi e che saranno trebbiati tra qualche giorno in occasione della “Manifestazione della Civiltà Contadina”, nell’ambito di uno specifico percorso denominato i “Grani di Palo”.
Oggi le gregne (i mazzi di spighe mietute a mano) sono diventate “casazzo” (il covone di grano che agevolerà il passaggio nella bocca della trebbia) e attorno sarà ancora festa”

 

Testo e foto di Loredana Parisi

 

 

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