Dal progetto di ricerca al tempo del ritorno in residenza rurale

“Fare le cose vecchie in modo nuovo – questa è innovazione”
Joseph Schumpeter
Economista austriaco 1883-1950

 

“Residenza rurale l’Incartata” è uno di quei nomi che ti colpisce da subito appena lo senti: come si fa a chiamare un luogo di accoglienza “Residenza rurale l”incartata”È semplicemente una genialata. Perchè lo ricordi, perchè è evocativo, perchè lo descrive. L’Incartata infatti non è un agriturismo, non è una country house, non è un ristorante nè un albergo. È esattamente una residenza rurale. E sull'”incarto” lasciamo andare la fantasia: il fatto che la località dove si trova si chiami così, probabilmente, ad essere un pò fatalisti, non sarà stato un caso. L’incarto è proprio il malloppo magico dal quale può uscire di tutto, che può sempre riservare sorprese, e quando si dice mi sono “incartato” per dire che non trovo la via per fare le cose in maniera lineare, è proprio il momento in cui la creatività attiva nuove strade per arrivare a mete inimmaginabili.

E che dire di Michele e della sua famiglia? Persone pratiche e autentiche come la campagna e ascoltare la storia nell’aia di casa loro, è naturale e rinfrancante proprio come “sentire” il venticello che scuote gli alberi nel bosco circostante.

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Panoramica della Residenza Rurale, dell’aia e dei boschi circostanti. Gennaio 2018. Foto di Francesco Sarnà Graphic designer.

Il seme, l’origine della storia

Michele Sica detto il “Bosconauta”, dopo la laurea in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Salerno, entra in un gruppo di ricerca di ateneo per lo sviluppo di politiche di innovazione sociale che arrivano a delineare un nuovo modello di economia rurale che ha “in pancia” gli equilibri ambientali, sociali, economici ed alimentari del territorio.

Ed è là che Michele comprende la sua strada. Nel 2012 individua la struttura che poi diventerà la “residenza rurale” e i relativi terreni circostanti da riportare ad un’agricoltura sostenibile. Nel 2013 Michele ci si trasferisce. E coinvolge nel progetto tutta la sua famiglia di origine e la sua nuova famiglia, che nel frattempo nasce.

Il “Rural Hub” è il progetto tramite il quale si attiva il percorso di Michele e che lo collega a tante altre realtà che vivono degli stessi valori e della stessa missione, e che noi PiantaGrani stiamo raccontando, sentendoci un pò parte di questi progetti virtuosi e coraggiosi: il progetto di Ivan di Domus Otium, il Palio del Grano di Caselle in Pittari, e  il Monte Frumentario.

Ognuno, di questi giovani ha trovato la propria modalità per tornare o restare e dare un contributo che non è necessariamente sviluppare progetti di valore tramite l’agricoltura, ma anche, in alcuni casi che sicuramente racconteremo, attraverso – ad esempio – la politica, oppure servizi innovativi al territorio.

Le intemperie, le prove.

Michele ci racconta che lo spirito del tempo del quale riappropriarsi e del ritorno alla ruralità innovativa, alla socialità e ad un nuovo (antico) modo di concepire le relazioni, sono i principi di quella redditività sociale che diventa crescita economica per l’imprenditore e per la collettività.
La verità è che nel pratico tutto questo si traduce in un lavoro enorme che Michele e la sua famiglia portano avanti da soli per coltivare in maniera sostenibile vari ettari di terreno con noccioleti, uliveti, grani e orti da utilizzare in filiera per la residenza rurale e per la trasformazione dei prodotti da mettere in circolo.
Per Michele, non sono di certo impegnative le fatiche del lavoro agricolo, o le intemperie che mettono a dura prova i raccolti, ma la difficoltà di riuscire a creare reti concrete e virtuose sul territorio. Unirsi con gli stessi obiettivi, porterebbe tanto valore e concretezza in più ai progetti e al territorio. Il tempo, le relazioni e la fiducia, parti integranti di quel modello costruito all’Università anni addietro, sono ancora da tradurre bene in mentalità profonda. C’è tanto lavoro da fare per il vero cambiamento culturale. Oggi è molto più semplice creare reti digitali o virtuali o lontane, invece che creare reti reali sul territorio.

Il raccolto, i risultati

Intanto Michele e la sua intera famiglia sono al lavoro per sperimentare un nuovo modello sociale ed economico che partendo dalle aree considerate marginali può creare valore laddove neanche le politiche di sviluppo calate dall’alto spesso purtroppo riescono ad ottenere risultati soddisfacenti. Il progetto finora portato avanti, ha creato una buona rete di trasformazione e distribuzione, ad esempio grazie alle nocciole. Sono al momento infatti attivi vari progetti da portare avanti nel migliore dei modi: con SlowFood Campania, c’è in cantiere la nascita di una comunità del cibo di produttori di nocciole, che evitando di usare diserbo chimico e fitofarmaci, possano diversificare l’attività ad esempio raccogliendo e utilizzando le erbe spontanee del sottosuolo dei noccioleti. L’obiettivo è di incentivare altri produttori in tal senso e di coinvolgere anche reti più lontane geograficamente e che magari abbiano già un know how più esteso e applicato al punto da tale da offrirsi come riferimenti trainanti.
All’Incartata si lavora per salvaguardare la biodiversità, e anche le specificità culturali visto che in quella sede si organizzano eventi musicali, mostre, percorsi educazionali ed artistici. Tanto da fare dunque per sviluppare ulteriormente questo esperimento sul campo di economia sostenibile, il fatto che le basi siano state realizzate – per la verità –  incoraggia tanto.
Michele è determinato, lui procede con il “credo”: sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo, perchè il cambiamento avviene nelle pratiche quotidiane.

E intanto, all’Incartata, si condividono pasta fatta in casa, pane e vino, festa, musica cultura e convivialità autentica. Così si fa la differenza.

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Fuoco, pane e vino all’Incartata. Foto di Francesco Sarnà Graphic designer.

Testo e foto di copertina di Loredana Parisi

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