Per molti anni c’è stata una corsa ad una produzione “di quantità”, in linea con le richieste del mercato industriale. Oggi si sta lentamente ritornando ad un modo più naturale di intendere l’agricoltura. La coltivazione dei grani antichi è uno degli esempi di questa positiva inversione di tendenza, a cui assistiamo anche nei territori della provincia di Salerno.
Di grani antichi e di futuro si è parlato in occasione della tavola rotonda “I grani antichi del Cilento: un viaggio nel futuro”, svoltasi lo scorso 23 luglio a Pioppi, presso Palazzo Vinciprova, sede del Museo Vivente della Dieta Mediterranea.

L’incontro, tenutosi nell’ambito della manifestazione “Campi del Cilento: Mietitura 2018“, promosso da Molini Pizzuti – azienda salernitana con cinquant’anni di esperienza nella molitura e nella produzione di farine di grano tenero, indica proprio il desiderio di porre l’attenzione su questo argomento, in un’area vasta e in crescita come quella del Cilento e del Vallo di Diano.
Qui si sta ritornando alla coltivazione dei grani antichi, come dimostra la storia del giovane pizzaiolo Antonio Langone che, laureato in Archeologia, oggi coltiva grani antichi nel Vallo di Diano e, attraverso la pizza, porta la cultura italiana nel mondo.
Oppure non si è mai smesso, come l’Azienda agricola “La Petrosa“ di Ceraso, che dagli anni Sessanta coltiva grani antichi integrali e ne offre ai suoi ospiti tutte le delizie.
E non mancano progetti sperimentali di recupero delle antiche sementi, in un territorio accogliente e da sempre aperto alle coltivazioni di qualità.
Grani antichi come Carosella, Solina, Senatore Cappelli. Ma anche Gentil Rosso, Saragolla, Risciola. Nomi che vengono declinati nei dialetti locali, con diversi suoni e accenti, a seconda delle località.
Il Solina, il Gentil Rosso e il grano Risciola sono grani teneri originari, rispettivamente, dell’Italia Centrale, settentrionale e meridionale. Anche il grano tenero Carosella è molto diffuso nell’Italia del Sud e le sue origini risalirebbero addirittura agli antichi romani.
I grani antichi Saragolla e Senatore Cappelli, invece, sono grani duri: il primo caratteristico delle zone del Mediterraneo; il secondo “nato” nei primi del Novecento dagli esperimenti del genetista e agronomo Nazareno Strampelli che voleva creare una varietà molto resistente.
I grani antichi sono tipologie non manipolate che, tradotto in termini pratici, significa che non avendo subito nessuna trasformazione sono amici della nostra salute: più nutrienti ma anche più digeribili. Sostituiti nel corso degli anni perché le nuove generazioni di grano erano il risultato di incroci che garantivano una resa maggiore, erano più resistenti e anche più adatti alle trasformazioni realizzate con tecnologie innovative.
Ritornare ai grani antichi, oltre ai benefici innegabili per la nostra salute, ha significato anche il recupero di una biodiversità troppo spesso sacrificata nel nome di una maggiore produzione.
Biodiversità significa rispettare la ricchezza della natura, salvaguardare ciò che abbiamo avuto in custodia e trasmetterlo alle nuove generazioni. In fondo la ricchezza delle coltivazioni mediterranee, da cui deriva la Dieta per eccellenza, celebrata ovunque nel mondo, è legata proprio al sapiente lavoro dei piccoli coltivatori – basti pensare ai legumi, e alcuni li possiamo gustare solo perché agricoltori caparbi li continuano a coltivare malgrado le scarse rese.
In questa ottica ben venga la figura dei coltivatori custodi, persone che continuando a seminare i grani antichi e altre varietà agricole, ne garantiscono il perdurare e si impegnano a salvaguardare specie che altrimenti scomparirebbero.
Un esempio di coltivatore custode è Manuela Vestri, custode di semi e saperi, la cui storia abbiamo già raccolto su questo blog.
“In questo percorso abbiamo scoperto un grande interesse verso i grani cilentani” ha raccontato Giuseppina Di Tore, export manager dei Molini Pizzuti “ma allo stesso tempo sono emersi vari elementi di criticità, come il prezzo troppo alto, la sovraesposizione sui mercati dell’espressione ‘grani antichi’, la scarsa informazione sui benefici e l’assenza di certificazioni. Questi sono i punti da cui dobbiamo partire“.
Ps: la foto di copertina ritrae il grano Saragolla del campo dei PiantaGrani a Palomonte.