Mai mollare: ogni impedimento porta in sé giovamento. Donatella Marino.
Fui invitata ad un laboratorio sulla focaccia con le Alici di Menaica. Ci andai con curiosità, non sapevo cosa fosse la Menaica. E tantomeno sapevo fosse una eccellenza unica al mondo. Ascoltare Vittorio e Donatella che raccontavano la loro storia in un intreccio di reti e profumi che avevano portato con sè dal Cilento, suscitò in me immagini ed emozioni meravigliose. Ci rivedemmo in una occasione successiva, dove si degustavano eccellenze gastronomiche, io ero con l’Associazione ARKOS e il Fiaschello Battipagliese e fu una grande gioia, durante la nostra bella chiacchierata, essere invitata a partecipare ad una delle loro uscite notturne per la pesca della Menaica. Era fine inverno, dovevo solo attendere che arrivasse l’estate. E ci sono andata davvero a Pisciotta Marina, in una calda sera di giugno, stellata e calma, siamo usciti in barca con reti, sorrisi, e un tramonto meraviglioso. Il piccolo radar segnava poche alici e un banco enorme di tonni. I tonni non si possono pescare e loro le alici le mangiano. E c’era la luna calante. Tutte condizioni sfavorevoli, si rischiava di non prendere nemmeno un’alice.
Entusiasta, con il cuore pieno di gioia per il privilegio di essere là, ero certa invece che la pesca sarebbe andata meglio del previsto. Mentre puntavamo verso il largo, mi godevo l’ultima luce sul mare e il vero spettacolo: Vittorio e la sua lunga esperienza di pescatore innamorato di una tecnica millenaria. Calammo la rete e durante la paziente attesa dell’esito della pesca, dopo aver mangiato il nostro frugale pane e salame, ascoltai il suo emozionante racconto dondolata dal peschereccio ormeggiato, e ripercorsi la storia di Donatella e Vittorio e del loro sogno testardo diventato un patrimonio da tutelare.

Il seme, l’origine della storia
Le reti per la pesca delle Alici di Menaica sono quelle a maglie larghe per catturare solo i pesci adulti, le stesse che usavano i greci. Vittorio è nato nel borgo di Pisciotta e ha imparato ad usarle fin da bambino. Usciva con il nonno a pescare e imparo’ a gioire ben presto dei frutti del mare: ogni volta che la pesca era abbondante il “suo sangue si rinnovava”.
Vittorio cresceva a pane e alici e maturava intelligenza e determinazione al sole cilentano. Si innamorò di Donatella, diplomata e brillante. La famiglia di lei non appoggiava questo legame e, i due giovani innamorati e testardi nell’89 si sposarono lo stesso, e andarono a vivere in Trentino, ad Ala. Lavoravano senza sosta, lui in una industria tessile si affermò ben presto tra i migliori operai in odore di carriera, lei fondò il primo asilo nido del paesino trentino. Erano sulla strada del successo. Nacque il primo figlio, erano felici, ma non del tutto. Mancava il mare, manca l’odore delle alici crude appena pescate, mancava il sole cilentano. Mancava un “po’ tanto”, per essere davvero felici.
Nel 1991 ritornarono a Pisciotta e ricominciarono dal negozio di alimentari della famiglia di lei, rilevarono un ulteriore negozio e poi aprirono, in un antico magazzeno sul porticciolo di Pisciotta Marina, il ristorante “A tartana”.
Vittorio riprese la sua amata pesca con la Menaica e le alici diventarono una delle specialità principali del loro ristorante. La “voce” di questa eccellenza servita alla “A Tartana” travalico’ i confini cilentani, arrivo’ a Vito Puglia e a Carlo Petrini, rispettivamente Presidente regionale e Presidente nazionale di Slow food. Puglia e Petrini andarono a fare visita al ristorante “A Tartana”. Correva l’anno 2000. Il racconto della loro visita è straordinario, e molto significativo: Carlo Petrini assaggiò le alici di Menaica sulla bruschetta e alla degustazione fece seguire un lungo, preoccupante silenzio; alzò gli occhi severo e chiese: “perché ve le dovete mangiare solo voi?” E così nel 2001 le alici di Menaica diventarono il primo presidio slow food della regione Campania, presidio fortemente voluto e promosso dall’allora sindaco di Pollica, il compianto sindaco pescatore Angelo Vassallo.
Le alici di Menaica richiedono molto impegno e tanta dedizione, nel 2012 il ristorante venne chiuso e sostituito completamente dall’attuale laboratorio di trasformazione e vendita delle Alici di Menaica.

Le intemperie, le prove.
Donatella e Vittorio riprendono daccapo più volte, ricoprono più ruoli durante il loro avvincente percorso di vita: pescatori cilentani, operaio e direttrice di asilo, negozianti e poi ristoratori e poi di nuovo pescatori. Di fatto, imprenditori, artefici del loro destino a dispetto di tante difficoltà, protagonisti di tante battaglie. Lotte prioritarie, sanguigne, fondamentali: prima di tutto per la tutela del loro mestiere, della loro tipicità e del loro essere custodi di un sapere millenario.
Le alici di Menaica sono una specialità tanto ricercata ma poco redditizia: si pesca qualità ma non quantità. Ed è un lavoro duro, faticoso e paziente: per riempire una “trezzarola” di castagno (nella foto) ci vogliono circa quindici chilogrammi di alici, le stesse che abbiamo pescato in un’intera notte. Tutto, dall’inizio alla fine è totalmente manuale: le alici vengono recuperate una ad una dalla rete avendo cura di eliminare correttamente la testa impigliata nella rete, in modo da far defluire il sangue senza spezzare il colletto branchiale che altrimenti favorirebbe l’accesso del sale all’interno e il deterioramento della carne. Le alici vengono poi ricontrollate una ad una a mano in laboratorio per verificare che i pescatori le abbiano pulite correttamente e vengono salate come da tradizione con sale grosso grigio siciliano, lo stesso che transitava anticamente per il porto di Pisciotta direttamente dalla Sicilia.
Tanta è la letteratura che racconta dell’antica pesca della Menaica, in un libro del 1736 troviamo i primi cenni scritti, ne parla l’Abate Conìa, poeta in vernacolo calabrese di fama nazionale.
Tuttavia questo patrimonio fa fatica ad essere riconosciuto. L’ultimo contenzioso ancora in corso che vede protagonisti Donatella e Vittorio è quello delle battaglia delle licenze, loro si battono per la tutela della tecnica di pesca tradizionale, tendenzialmente la si vuole assorbire in altre tipologie di pesca per questioni di maggiore “praticità” e “controllo”: nello specifico si vuole abolire la tecnica della “ferrettara” che contiene anche la Menaica. Sono certa che Donatella e Vittorio vinceranno anche questa.
Il Cilento è un’isola, dice Donatella, un’ isola territoriale, un’isola della manualità, un’isola sensoriale. Con tutti gli aspetti sia negativi sia positivi che ciò comporta. Questo essere “isola” può e deve essere riconosciuto, valorizzato, supportato e tutelato, oltre che essere accompagnato in maniera dedicata allo sviluppo e al miglioramento.
Il raccolto, i risultati
Le alici di Menaica, vengono oggi vendute in tutta Italia e anche esportate. Vanno a ruba, tanto è vero che Donatella e la sua famiglia hanno dovuto integrare con altri prodotti del mare per coprire le esigenze commerciali della loro azienda..
Tanti sono i ristoranti di alta gamma a livello nazionale che richiedono le alici di Menaica per la loro gastronomia di eccellenza; alcuni tra tanti: “Oste scuro” a Verona e “Pizzeria San Martin” a Vicenza. A livello locale, le alici di Menaica si trovano in posti di eccellenza come Zero e Eden a Vallo della Lucania. Donatella collabora inoltre da tanti anni con Casa Vissani per diversi eventi.
Tanti sono i clienti affezionati che vengono da da ogni parte del mondo, alcuni hanno la loro Trezzarola di castagno e la portano ogni primavera a Donatella per farla riempire per l’ inverno successivo.
Donatella Marino riceve inoltre ogni anno in viaggio didattico i ragazzi dell’Università degli Studi delle Scienze Gastronomiche di Pollenzo Bra in Piemonte, che vengono inviati da lei per assorbire e sperimentare in maniera immersiva la cultura socio-gastronomica del luogo. Gli studenti arrivano da tutto il mondo, e quando vanno via dal Magazzeno delle Alici di Menaica e salutano Vittorio e la sua barca, Donatella e Marco e Serena, i loro fantastici figli, non possono non versare qualche lacrimuccia di commozione. Le testimonianze umane, professionali e sensoriali derivanti da questi straordinari percorsi didattici, sono conservate a Bra nei “granai dell’umanità” per la corretta valorizzazione dei saperi acquisiti. Certo, per esperienza diretta, possiamo dire che e’ tanta la ricchezza che ti porti via dopo che hai vissuto qualche ora su quel porticciolo con Donatella e la sua famiglia. E tante emozioni trasudano dalle esperienze fatte dagli studenti che vanno a Pisciotta da Donatella: succede quando le cose si fanno con cuore e con coraggio.
Di Loredana Parisi